Alice nel Paese delle meraviglie…a Venezia!

Ecco cosa comunica l’esposizione di Ca’ Rezzonico.

Quando si entra in un museo sembra di essere come Alice nel Paese della Meraviglie. Si passeggia tra le sale e tra gli oggetti che a poco a poco prendono forma, ed è come se iniziassero a parlare! Alcuni aiutano a capire chi siamo, come lo Stregatto fa con Alice, altri sono un po’ più strani e difficili da comprendere ma allo stesso tempo molto coinvolgenti, come il Cappellaio Matto. Un’esposizione poco chiara può impedire al museo di comunicare efficacemente ed inoltre il visitatore museale non dovrebbe capitare in un museo per errore (o solo nei sogni) ma bensì dovrebbe essere attirato da questo e invogliato, una volta uscito, a rientrare in futuro.
Cerchiamo di capire ad esempio come si articola il viaggio comunicativo in uno dei più importanti palazzo-museo di Venezia, ovvero Ca’ Rezzonico.

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L’esperienza inizia quando siete ancora a casa, davanti al PC. Cosa fa una persona che vuole andare a Venezia e visitare qualche museo? Chiaramente guarda il sito web, si documenta e fa una selezione tra gli innumerevoli musei presenti nel territorio. La pagina web di Ca’ Rezzonico quindi deve essere ben curata e chiara per attirare l’attenzione del pubblico. Qui il potenziale visitatore può cogliere subito le informazioni principali sul museo: posizione, costo del biglietto, orari, la sua storia, la sua collezione, le mostre temporanee in corso e così via. Carente è forse la presenza del museo sui social network. Sempre più conosciuto ed usato, al giorno d’oggi face book è un valido biglietto da visita. Ciò che serve quindi è una pagina ben curata ma soprattutto giovane e dinamica. Una pagina poco seguita fa venire dubbi sulla qualità della mostra stessa; è come se i contatti, i mi piace, le recensioni e le foto condivise sul social creassero lo stessa sensazione che si prova quando si vede una coda infinita fuori da un museo: ci fa credere che quel luogo sia gettonato e che quindi sia qualcosa di imperdibile.
Importante è anche invogliare il visitatore a tornare offrendogli alla fine della visita strumenti di approfondimento, cataloghi, possibilità di ricevere newsletter e strumenti di questo genere. Ca’ Rezzonico presenta un bookshop dove si possono trovare materiali di questo tipo ma è un ambito (soprattutto quello delle newsletter) su cui potrebbe puntare molto di più.
Cosa succede una volta entrati fisicamente nel museo? Ci si aspetta di rivivere quell’atmosfera settecentesca che le foto nel sito fanno sognare e che spingono il visitatore a venire in questo luogo ed è proprio quello che accade! Si viene catapultati in un palazzo stupendo, in un vero e proprio Paese delle Meraviglie, emotivamente coinvolgente, allestito in modo da far immergere il visitatore nel XVIII secolo, passeggiando tra le sale dei vari artisti e tra vere e proprie ricostruzioni delle antiche stanze del palazzo.
Questo tuttavia non basta. Il museo, purtroppo, non fornisce nessuna audio-guida compresa nel biglietto d’ingresso, essenziale per chi non vuole fermarsi alla semplice osservazione delle opere e dare strumenti educativi in più. Come se questo non bastasse a disorientare il visitatore, Ca Rezzonico non fornisce neppure mappe della struttura, nonostante essa sia caratterizzata da ben 3 piani ognuno dei quali articolato in varie sale. Gli strumenti di accompagnamento alla visita risultano quindi inesistenti e il visitatore è lasciato a sé stesso.
L’osservatore, impegnato a trovare l’orientamento immerso nell’atmosfera suggestiva settecentesca, continuava tuttavia la sua visita accompagnato in ogni sala da piccoli fogli in lingua inglese e italiana di spiegazione generica sulla vita e le opere dell’autore a cui quella sala si riferisce. Ma attenzione, le problematiche in un’esposizione possono essere dietro l’angolo.
Provate un attimo ad immaginare: può capitare, un giorno, quasi per caso, di recarsi al museo per fini di studio cercando un quadro, ad esempio “La cioccolata del mattino” di P. Longhi, accorgendosi con stupore che il quadro esposto con quel titolo e quell’autore non corrisponda a quello tanto studiato ed analizzato nei mesi precedenti.

Iniziate quindi a cercare di capire qual è il quadro che lo sostituisce e venite a sapere, spulciando il catalogo, che si intitola “La visita della dama” sempre di P. Longhi. Insomma, appurate che l’opera esposta non era quella citata dal cartellino informativo associato. Non ricevendo spiegazione dal personale museale li presente, contattate direttamente il direttore del museo, A. Craievich, il quale vi risponde che l’opera “La cioccolata del mattino” di Longhi si trova in quel momento alla mostra temporanea di Palazzo Ducale “acqua e cibo”.

Caro lettore, può forse capire che questo tipo di vicenda possa influire molto sulla visita del museo. Si tratterà di svista? Noncuranza? Fretta? In ogni caso, trovare questo tipo di incongruenza nell’esposizione fa mettere in dubbio anche tutte le altre opere, e crollare quella fiducia che ogni visitatore ripone nell’istituzione museale. Non solo: il museo evidentemente non ha riguardo dell’osservatore “esperto”, di chi l’arte la vive e con cui forse lavora o ne fa oggetto di studio. Il museo si rivolge forse al solo turista di passaggio, quello che guarda, non intende perché non ha audio-guida, passa e dimentica.
Lo studente, il turista e il ricercatore pagano un biglietto e si aspettano che ciò che viene mostrato sia chiaro, coerente e veritiero. Il museo ha il compito di rendere gli oggetti parlanti, ma bisogna stare attenti che dicano le cose corrette! Un’attenzione che dovrebbe partire dal sito museale stesso per garantire una comunicazione efficiente ed efficace.

Chiara Priviero

 

 

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